lunedì 13 agosto 2012

STRAHLHORN (m 4.190): Normale dalla Britanniahutte

Domenica e Lunedì 12-13 agosto 2012

Io e Paolino l'Alpino

Non scorderemo facilmente la fatica che richiede questo Quattromila svizzero...
Soprattutto non consiglio a nessuno di salirlo in questa stagione, ma di limitarsi ai mesi di giugno e luglio, quando ancora un po' di neve ricopre il ghiacciaio.
Abbiamo ancora negli occhi la grandiosa salita di ieri nel cuore del Monte Bianco, la Ottoz alla Pyramide du Tacul (m 3.468) e quale modo migliore per celebrarla? Semplice, parlandone in macchina durante un bel viaggetto di oltre 4 ore fino in Svizzera, verso le prossime mirabolanti avventure alpinistiche!
L'obiettivo stavolta è una due giorni per salire lo Strahlhorn (m 4.190), una salita che dovrebbe essere molto molto lunga, ma tecnicamente facile, senza ansie insomma.
Per riposarci un po', partiamo con calma, verso le 9,30, armati di tutto punto: tenda e materiale da bivacco.
Come al solito, io ho sempre fame: sosta al McDonald's di Visp.
Mangio con tutta tranquillità, del resto il programma di oggi è molto soft: a Saas-Fee saliamo al Felskinn (m 3.000), poi andiamo a montare la tenda dalle parti del rifugio Britanniahutte (m 3.030), a non più di 20-30 minuti dalla stazione della funivia.
Mi rimettoal volante e verso le 15,00 entriamo nel parcheggio coperto di Saas-Fee, dal momento che (molto intelligentemente) là impediscono il traffico alle auto.
D'improvviso, mentre ci prepariamo e carichiamo gli zaini all'inverosimile, mi viene un dubbio: a che ora sarà l'ultima corsa per salire al Felskinn? Visti gli orari assurdi delle funivie del Monte Bianco, dove eravamo ieri...
Controllo su uno dei mille fogli stampati che ho sul sedile e... occazzo, l'ultima salita è tra 40 minuti!
Sveglia, sveglia, finiamo di prepararci e ci dirigiamo verso il paese e le funivie; fortunatamente, essendo già stati qui, sappiamo dove andare...
Arriviamo in tempo, siamo quasi i soli a salire a quest'ora del pomeriggio.
Come prima, ci preoccupiamo di informarci sull'orario dell'ultima discesa di domani: Paolino torna e mi fa segno: alle 16,00!!! Ma dài... vergognoso, anzi, peggio ancora del tanto criticato Monte Bianco... Là l'ultima discesa è alle 17,00, qui un'ora prima!
Vabbè, prendiamo atto...
Usciamo fuori, la temperatura è buona, siamo a 3.000 m esatti.
I nostri zaini sono enormi e pesantissimi, abbiamo di tutto appeso anche fuori:

Ci aspetta una traversata a mezza su ciò che resta di un ghiacciaio, ormai grigio e magro...
Lungo il cammino ci imbattiamo addirittura in una bomba, residuato bellico, appena recintata:
Percorriamo il sentiero ed il primo piccolo ghiacciaio in soli 15', poi giriamo l'angolo e... sorpresa!
Pensavamo di trovare il rifugio vicinissimo oppure di poterlo raggiungere tagliando a mezza costa, invece vediamo un sentiero che scende fino in fondo al vallone, lo attraversa e da qualche parte giù in fondo lo risalirà, fino all'evidente rifugio Britanniahutte (m 3.030):
Ci rassegniamo e scendiamo, sotto i nostri enormi zaini, suscitando gli sguardi incuriositi degli astanti.
Poco prima di raggiungere il laghetto, abbandoniamo la traccia e tagliamo a sinistra, fino ad una zona che ci sembra essere un po' più pianeggiante, per poter piantare la nostra tenda.
Allestiamo il nostro campo, sotto un cielo piuttosto nuvoloso: le previsioni dicono nuvoloso oggi, con rischio pioggia molto moderato, e piuttosto bello domani, con possibili annuvolamenti dalla metà pomeriggio.
Una volta sistemata la tenda, come previsto decidiamo di salire fino al rifugio, per studiare la parte di percorso che dovremo percorrere al buio.
In circa 30' raggiungiamo il rifugio, camminando scarichi, senza zaini:
Purtroppo è subito chiaro che le cose saranno molto diverse da quanto ci aspettassimo: le mie relazioni, anche fotografiche, disegnano una traccia sulla neve che punta dritta al colle che divide lo Strahlhorn dal Rimpfischhorn... Invece, è tutto diverso: non c'è neve sul ghiacciaio, che si presenta grigio e magro, quindi senza alcuna traccia...
Decidiamo di proseguire e di scendere lungo la morena fino al ghiacciaio, per cercare di capire qualcosa di più, ma invano; invece di risparmiare le forze per domani, camminiamo in totale per quasi due ore, ma non troviamo alcuna traccia o chiara indicazione.
Insomma, domani (o meglio, stanotte) non sappiamo dove andare...
 
Tornando indietro, ci fermiamo al rifugio e proviamo a chiedere info a qualche tedesco, che non mi pare abbia le idee molto più chiare di noi...
A questo punto, visto che pare si parta alle 3,00 dal rifugio, ci organizzeremo per essere qui a quell'ora e vedremo di accodarci a qualche guida.
Assolutamente insoddisfatti dall'esito della nostra perlustrazione preventiva, ce ne torniamo al nostro campo per la cena, pasta e panini.
Subito dopo, quando fuori è ancora chiaro, ci infiliamo nei sacchi a pelo, dopo aver preparato con cura gli zaini.
Buonanotte:
Il risveglio come sempre è piuttosto traumatico, specie per me, visto che Paolino dorme ben poco, come al solito...
Sono le 2,00.
Sgranocchiamo qualcosa mentre ci prepariamo e ci imbraghiamo; la temperatura non è fredda e alle 2,30 siamo pronti a partire.
Sarà una lunga giornata e ricordiamoci che alle 16,00 c'è l'ultima funivia in discesa...
Ci mettiamo in cammino e ripercorriamo il sentiero verso la Britanniahutte: è buio pesto, non c'è luna e ci torna utile da subito l'aver già percorso la strada alcune ore fa.
Giungiamo al rifugio alle 3,00 come stabilito, dopo aver risalito il primo piccolo ghiacciaio senza ramponi; al rifugio c'è vita, nel senso che paiono fervere i preparativi, ma in realtà ancora nessuno è uscito fuori.
Decidiamo di aspettare, anche se da fermi non fa caldissimo.
Passano i minuti, poi oltre mezz'ora e niente, nessuno si muove: incredibile, mai vista tanta lentezza alla partenza di un Quattromila! In genere, infatti, scatta la vera e propria competizione a chi parte prima, con scene ridicole di gente che fa colazione già legata in cordata!
Alla fine, finalmente qualcuno si muove, ma dobbiamo evitare di seguire qualcuno che poi tiri dritto verso l'Allalinhorn, anziché svoltare verso lo Stahlhorn...
Scendiamo lungo la morena, poi costeggiamo il ghiacciaio laddove diventa un misto di pietraia crepacciata e ghiaccio... molto scomodo da percorrere. Non c'è traccia.
Lasciamo che ci raggiunga un gruppone di spagnoli, che ad un certo punto si ferma per infilare i ramponi e traversare il ghiacciaio Holaubgletscher: decidiamo di farlo anche noi, ghette e ramponi e via sul ghiaccio nudo, grigio e piuttosto crepacciato, che ad un certo punto si raddrizza ed aumenta considerevolmente di pendenza:
Assistiamo alle solite scene, con gente che sale slegata e senza ramponi...
Sbuchiamo alla sella e dobbiamo nuovamente togliere i ramponi, sempre al buio: le giornate si sono già considerevolmente accorciate...
Segue un tratto decisamente disagevole, come ormai ci siamo abituando a seguire stanotte... scendiamo un pendio di pietre e sfasciumi, facendo molta attenzione; anche qui, niente traccia, né ometti.
Il tratto seguente è in falso piano, in pratica stiamo attraversando una conca detritica, al cui termine dobbiamo ancora brevemente risalire, per poi ridiscendere, ancora su infimo terreno dissestato.
Chiaramente abbiamo già capito che la salita che stiamo facendo sarebbe da intraprendere in primavera, quando il lungo pianoro glaciale e detritico è ricoperto dalla neve...
Scendiamo nuovamente, tenendoci a sinistra con un largo giro, per raggiungere finalmente il ghiacciaio Allalingletscher, lungo oltre 7 km.
Davanti a noi un gruppetto di 4 svizzeri; ad un certo punto, una ragazza bassa e bruttina ci apostrofa così: "Non è mica obbligatorio che ci seguiate fino in cima, eh...".
Ah sì? OK Paolino, aspettavo solo uno sprone così per cambiare marcia e far decollare la giornata: acceleriamo il passo, li superiamo ed arriveremo in cima un'ora prima di loro!
Attraversiamo decine di crepacci, alcuni poco simpatici, quando finalmente arriva la luce del giorno: alle nostre spalle, una nostra vecchia conoscenza, il Weissmies (m 4.023):
Proseguiamo, ancora slegati, fin quando la situazione ci impone di legarci: siamo nel bel mezzo dell'infinito pianoro glaciale, ormai assolutamente privo di neve, grigio e molto crepacciato, ed ora ci si para innanzi una zona particolarmente ostica:
Ora possiamo vedere chiaramente la nostra meta, la vetta dello Strahlhorn (m 4.190), illuminata dai primi raggi del sole:
La strada è ancora molto lunga, ma il peggio è passato: dopo il buio, gli sfasciumi, le rocce rotte e la mancanza di traccia e riferimenti, ora siamo su binari consolidati e non abbiamo più dubbi.
E' una magnifica giornata, a conferma delle previsioni che, almeno fino al primo pomeriggio, davano buone possibilità di cielo sereno.
La temperatura è relativamente alta e... ancora una volta siamo i primi, il gruppone è tutto alle nostre spalle:
Il pianoro glaciale è infinito come lo dipingono e, giunti alla base della salita verso l'Adlerpass, facciamo una pausa, che mi dà modo di infilare le lenti a contatto e gli occhiali da sole da ghiacciaio:
Riprendiamo a salire, prima volgendo a sinistra e compiendo un ampio semicerchio, sempre alla ricerca dei tratti meno crepacciati o comunque meglio percorribili.
Saltiamo altri crepi, quindi torniamo a portarci verso destra, al di sotto del canalone ampio che conduce all'Adlerpass (m 3.789) o "Passo dell'Aquila", il nostro prossimo traguardo intermedio:
Il plateau glaciale percorso fin qui, veramente lunghissimo... il rifugio appare lontanissimo:
Salendo verso l'Adlerpass, abbiamo alla nostra destra la rocciosa parete est dell'Allalinhorn (m 4.027), vetta su cui siamo stati nel 2009:
Un'altra breve pausa ristoratrice, lungo il pendio infinito, poi si riparte con entusiasmo:
E' magnifico, l'ambiente è quello grandioso della'alta quota e siamo soli, gli altri sono molto staccati, ancora sparpagliati lungo il pianoro laggiù...
Il sole splende, non c'è vento:
Finalmente raggiungiamo l'Adlerpass (m 3.789): a sinistra la cresta nevosa verso lo Strahlhorn, mentre alla nostra destra l'Allalinhorn:
Ma l'attenzione viene subito rapita dal panorama stratosferico che ci troviamo di fronte, dalla parte opposta, dominato dal Cervino e dalla Dent Blanche:
E' tempo di ripartire, anche perchè in cresta tira vento e la temperatura si è fatta bassina; percorriamo la cresta nevosa, prima sottile ed esposta, poi più larga e facile:

La cresta termina e diventa un'ampio versante, in pendenza piuttosto blanda; ogni cocuzzolo sembra la vetta, che però non arriva mai...
Ma ora ci siamo, quella lassù è sicuramente la cima, essendo dotata di croce di vetta:
Sì, non c'è dubbio, lassù finiranno le pene della salita:
Il panorama è incredibile, in primo piano la "mia" cresta nord-est del Cervino:
Forza Paolino, proseguiamo, anche se ogni dieci minuti devo fermarmi un istante a rifiatare:
In ogni salita arriva quel momento in cui realizzo che ce la farò, foss'anche strisciando sui gomiti: ecco, quel momento arriva, ormai la cima non ci sfuggirà:
Risaliamo l'ultima parete nevosa, poi un traverso in diagonale a sinistra ci porta in cresta, ormai in vista della croce:
Dopo 5h 20' siamo in vetta:
La croce di vetta ed il versante nord del Monte Rosa, himalayano:
I miei ultimi passi:
Ancora l'incredibile panorama verso sud-ovest e la nostra ombra proiettata sul ghiacciaio, laggiù:
Siamo completamente soli, non si vede ancora nessuno arrivare in cresta:
Sono circa le 9,00.
E' il mio 25-esimo Quattromila, faticoso ma di soddisfazione:
La magnifica vista, anche grazie ad un meteo perfetto:
Dopo le foto di rito, possiamo iniziare la discesa, che, a causa del grande spostamento orizzontale, sarà anch'essa molto lunga...
Ridiscesi poco sopra l'Adlerpass, incrociamo le prime cordate in salita (compresa la nostra "amica"...) e non posso esimermi da farmi ancora ritrarre di fronte alle grandiose vette svizzere, dominate dalla Gran Becca, che tra l'altro sembra in condizioni ottime:
La Cresta Hornli al Cervino (m 4.478), magnifica, come magnifico è il ricordo che ne conservo:
L'ambiente in cui siamo immersi è grandioso e bellissimo, ma sa essere anche inquietante, come l'enorme seracco che vediamo nella valle di fronte:
La sconfortante distanza da percorrere lungo il plateau dell'Allalingletscher:
Incrociamo ancora molta gente che sta salendo, mentre noi galoppiamo sotto la calura del sole, con l'obiettivo di arrivare alla tenda, smontare e raggiungere la funivia, la cui ultima corsa è fissata per le 16,00.
Il caldo provoca lo scioglimento della neve sul ghiacciaio, nella parte alta (in basso c'è solo più ghiaccio nudo...), e crea veri e propri fiumi d'acqua che solcano il ghiacciaio, costringendoci a diversi guadi, senza problemi di sorta peraltro:
La vetta e l'Adlerpass si allontanano:
Intanto siamo tornati sul ghiaccio grigio e secco, saltando crepacci a volte un po' preoccupanti:
Proveniamo da lassù:
Ci poniamo continui traguardi, per ingannare il nostro cervello e non considerare tutta insieme la strada infinita che dobbiamo percorrere...
Dopo molte ore di girovagare tra un crepaccio, un ponte di neve e l'altro, arriviamo alla morena detritica, che raggiungiamo con qualche difficoltà, vuoi per un rumore sordo nell'attraversamento di uno degli ultimi tratti crepacciati, vuoi per la sfiducia nei ponti di neve con questo caldo elevato, che ci corstringe a percorrere malagevoli pendii rocciosi instabili in fase di aggiramento.
Anche alla luce del giorno non è che il percorso sia evidente e segnalato... almeno adesso sappiamo dove dobbiamo puntare, ma gli ometti sono molto radi.
Dopo l'ultima risalita morenica eprima di scendere sul ghiacciaio Holaubgletscher per attraversarlo, facciamo una pausa per mangiare qualcosa.
Poi riprendiamo, calziamo i ramponi e scendiamo velocemente il pendio ghiacciato, attraversiamo il ghiacciaio cercando di rimanere il più bassi possibile, evitando però di finire nella zona crepacciata a valle, e guadagnando la scomoda morena detritica della riva opposta il più tardi possibile...
Cominciamo a risalirla e ci volgiamo indietro: quanto è lontana la vetta su cui stavamo stattina!
Finalmente siamo fuori dai guai, potremmo rilassarci, se non fosse per l'orario dell'ultima funivia...
Risaliamo tutta la morena fino ai 3.030 m del rifugio Britannia, da cui possiamo vedere il percorso compiuto e la montagna per l'ultima volta:
Poco dopo, sull'altro versante, ecco lontanissima la nostra tenda gialla:
Sono le 13,45 quando torniamo al nostro campo base: perfetto, abbiamo tutto il tempo di smontare e di raggiungere la funivia prima delle 16,00:
La parete dietro la tenda, dove abbiamo visto una serie di vie a spit:
Foto ricordo al campo:
Stanchi ma soddisfatti, ci carichiamo in spalla gli enormi zaini con mille cose appese fuori e ci inerpichiamo lungo la breve (mezzoretta) ma intensa salita che ci conduce in vista della stazione della funivia. Al di sopra, la mole dell'Alphubel (m 4.206) ci osserva: direi che siamo troppo stanchi per salirlo domani... Torniamo a casa, Paolino, tranquillo!
Le caratteristiche costruzioni walser abbelliscono Saas-Fee, al nostro ritorno sulla terraferma:
Lungo la strada del ritorno, ci fermiamo al Passo del Sempione (m 2.005) e stavolta saliamo alla grande aquila in pietra che lo sorveglia:
L'avventura si chiude degnamente dando sfogo alla fame incredibile che ci accompagna: all'ora limite (le 20,00) esco dall'autostrada e mi avvento sull aprima osteria che trovo, in zona Lago Maggiore.
Poi si torna a casa a riposare.

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