domenica 1 giugno 2014

TENAILLES de MONTBRISON (m 2.580): Eperon Renaud

Domenica 1 giugno 2014
Io e Bruno
Nonostante previsioni meteo incerte, mi rifiuto di trascorrere i tre giorni di week-end e vacanza senza combinare nulla di buono in parete... almeno tenteremo!
Ore 4,40: partenza in macchina, da solo, alla volta del massiccio dei Cerces, nel Briançonnais, dal momento che da quelle parti vantano oltre 300 giorni di sole all'anno...
L'obiettivo è di quelli che fanno sognare, da anni guardo con brama le torri verticali delle Tenailles de Montbrison (m 2.580), ogni volta che sconfino in Francia transitando per il Monginevro; la via è una delle più belle degli Ecrins, l'Eperon Renaud (6b   TD   12L   300 m), capolavoro di Raymond Renaud del 1965.
Strada facendo mi viene un po' di avvilimento quando prendo pioggia, a tratti torrenziale, da Torino ad oltre metà Val di Susa...
Proseguo convinto e sarò ripagato con gli interessi!
L'appuntamento con Bruno è alle 6,45 a Les Vigneaux, proprio sotto le grandi pareti calcaree della Tete d'Aval de Montbrison (m 2.698); Bruno risponde sempre sì quando c'è una grande via da scalare, compatibilmente con gli impegni di entrambi, ovvio.
Lo carico in macchina e torniamo alla deviazione per Bouchier: si tratta di una strada sterrata veramente infame, specie per chi ha la macchina ribassata come me...
Percorriamo buche e pietroni per 40', poi parcheggio dove ci ritroviamo con la descrizione (ho portato 2 copie di almeno 4 relazioni diverse!).
Imbocchiamo il sentiero, dapprima ripido ma ben segnalato con paline colorate di rosso; quando raggiungiamo il falsopiano in cima ai primi risalti, ecco la superlativa veduta sul nostro obiettivo, le slanciate torri delle Tenailles de Montbrison:
Saliamo abbastanza rapidi, nonostante il mio scarso allenamento attuale, anche per testare il mio fisico; oggi mi aspetta la prima grande via dell'anno.
Per ora siamo tranquilli: anche stavolta gli Ecrins mi regalano il sole, mentre in Italia pioveva.
Proseguiamo l'avvicinamento, con lo sguardo continuamente rapito dalle ripide pareti che ci aspettano:
L'ambiente dei Cerces è decisamente dolomitico.
Dopo qualche breve tratto ancora su neve, eccoci alla pietraia, ai ghiaioni che condurranno alla parete: sono belli ripidi e inconsistenti...
Davanti a noi c'è una cordata,che stiamo per raggiungere: fortunatamente ci diranno che il loro obiettivo è un'altra via e non il gettonatissimo Eperon Renaud.
Arranco sui ghiaioni, aiutandomi con un bastone recuperato strada facendo:
Finalmente, dopo circa un'ora di fatica, eccoci all'attacco della via:
Sono le 9,30.
Il primo tiro della via (3a) lo percorriamo slegati, superando un primo risalto ed una serie di gradoni:
Giunti in sosta, ci leghiamo.
Parto io per il primo vero tiro (5c+) della via: in diagonale verso sinistra senza grandi difficoltà, poi raggiungo lo spigolo ed il diedro che lo doppia, verticale.
Sono grato a Gerard Fiaschi che ha richiodato la via nel 1988, integrando con spit: al di là delle solite polemiche, in effetti lunghi tratti della via sarebbero impossibili da proteggere...
Il diedro presenta alcuni passi delicati, ma la chiodatura è ottima, direi abbondante, visto l'ambiente di alta montagna in cui siamo immersi.
Percorro infine un lungo diedro, una volta doppiato nuovamente lo spigolo e tornato sul lato est, dove Bruno mi può vedere mentre mi assicura: semplicemente magnifico e su roccia ottima.
Raggiunta la comoda sosta, posso recuperare l'amico:

Resto davanti per il secondo tiro (5c), avendo concordato di lasciare a Bruno la fessura di 6b; "Teo risparmia le braccia, serviranno più tardi!".
Dopo alcuni risalti in placca non difficili,
mi imbatto in un paio di chiodi belli datati, che mi suscitano sempre emozione:
Attacco la faccia sinistra di un diedro, raggiungendola con una spaccata in equilibrio, poi salgo in dulfer, con i piedi sulla placca della faccia sinistra del diedro e le mani nella fessura continua sul fondo del diedro:

Più su il diedro pare chiuso da uno strapiombo, ma, una volta studiato bene il passaggio, in realtà si rivelerà meno duro di quanto non apparisse; un unico passo faticoso e mi ribalto al di sopra del tetto, per andare a sostare in corrispondenza di un albero secco (utilizzo l'albero ed un buon spuntone).
Ora può salire Bruno:
L'uscita dal tettino:
Conduco anche L3 (5b): dopo il facile tratto in placca appoggiata, mi porto alla base di un breve muro verticale:
Il passaggio non è banale, ma sempre ben protetto:
Percorro poi lo spigolo sulla destra ed attraverso infine in placca, fino a raggiungere una comoda cengia dove trovo la sosta; qui mi raggiunge il socio poco dopo:
La terza lunghezza (5c) tocca a Bruno, in quanto diciamo: ok risparmiarti le braccia per la fessura difficile, ma se tra un po' il maltempo ci fa scendere, non vorremmo far fare tutta la via da secondo a Bruno!
Una serie di risalti, una placchina, poi più facilmente a destra, in sosta:
Torno a condurre, il quarto tiro (4c) è più facile: una placca, che diventa un vago diedro e poi una rampa, che mi conduce sulla spalla della prima torre:
Giunto sulla spalla, volgo lo sguardo verso la cima della prima torre:
Subito però l'attenzione viene rapita dalla curiosità con cui osservo la seconda torre, che incombe maestosa su di me, solcata dall'evidente fessura che caratterizza e rende celebre la via:
Salgo ancora un muretto (5a), poi trovo una sosta e mi fermo, recuperando Bruno:
Pochi brevi passi di 3° grado conducono il socio in vetta alla prima torre:
Ci caliamo in doppia per 25 m fino all'intaglio tra le due torri:
Beh, non c'è che dire, la strada per la cima è ancora lunga e decisamente tosta:
La sesta lunghezza (5a con un passo di 5c) è molto bella, una fessura, poi una placca, quindi la spaccata per guadagnare la placca di fronte ed un tratto con passi delicati, fino in cima al risalto, dove mi aspetta ancora una esile lama per guadagnare la sosta:
Quando Bruno mi raggiunge, ci siamo: eccoci alla base della fessura-capolavoro di Renaud.
Si tratta di L8 (6b), tiro chiave della via: Bruno riempe per bene il sacchetto della magnesite, attingendo anche al mio, per mettersi nelle migliori condizioni possibili; poi parte, nella prima parte affronta un diedro-rampa ascendente verso destra, portandosi all'inizio della fessura vera e propria:
Poi si impegna nei primi passi, alternando dulfer e aderenza, con ristabilimenti in spaccata:
Ora il gioco si fa duro:
Bruno studia bene i passaggi e sale pulito, anche se faticando:
Non solo: a parte il fatto che il tiro è molto continuo, anche quando le difficoltà diminuiscono un po' non ci si può rilassare... Infatti, nonostante si sia già belli brasati, la parete rimane completamente verticale e le protezioni (fin qui impeccabili, anzi direi quasi plaisir) si allontanano sensibilmente:
Tocca a me: ci provo, per un po' salgo bene, poi sento le forze andarsene velocemente, così tiro qualche rinvio per uscire dal tiro senza cuocermi completamente... Infatti la via è tutt'altro che prossima a finire:
Già la lunghezza successiva, L9 (5c) si rivela ostica e parte subito con un camino piuttosto difficile ed antipatico, reso ancor peggio dall'usura e dal patiné di alcuni appoggi.
Siccome sono ancora bello brasato dal tiro appena salito, resta davanti Bruno:
Il camino è davvero ostico; segue un tratto divertente, con un'ultima fessura-camino, stavolta più divertente ed agevole, fino alla nicchia di sosta:
Anche L10 (5c) si preannuncia come bello faticoso: Bruno si impegna nel diedro-fessura verticale, che diventa sempre più impegnativo, fino all'ostica uscita sulla sinistra, dove secondo me un bel 6a c'è tutto:
Pochi passi conducono poi all'aerea sosta, su un esile terrazzino sospeso sul vuoto.
L'undicesimo tiro (5c) propone un muretto con partenza tecnica, in aderenza, quindi un ultimo strapiombo da superare di forza, anche se non difficile:
Quando è il mio turno, sono molto vicino ai crampi agli avambracci, dato l'allenamento non eccelso di quest'anno...
Poco dopo, eccomi alla base della cresta finale:
E' il dodicesimo ed ultimo tiro (3c): cavalco la cresta affilata ed esposta, senza protezioni, ma facile:
Pochi istanti dopo calco la vetta delle Tenailles de Montbrison (m 2.580):
Sono le 14,45.
Finalmente... dopo averle ammirate così tante volte, dalla strada che dal Monginevro porta a L'Argentière-La-Bessée... La valle e la citata strada:
Il prospiciente, possente Doigt Central, visto dalla vetta:
Proseguo e vado a sostare oltre la cima, dove ci caleremo in doppia.
Da lì assicuro Bruno che transita a sua volta per la vetta:
Una sola calata ci conduce alla base del castello sommitale, sul lato ovest.
Sgranocchiamo qualcosa ed ammiriamo le torri dolomitiche e spettacolari che ci circondano:
Scendendo, il panorama verso la valle di Briançon, chiusa ad est dal Monte Chaberton (m 3.100):
Scendendo l'infame pendio ghiaioso, ammiriamo la nostra montagna di profilo:
Finalmente raggiungiamo la neve che ricopre il pendio detritico e scendiamo che è una meraviglia.
Come spesso faccio dopo una bella avventura, mi volto spesso a riguardare le torri scalate, con un mix di nostalgia e desiderio per il prossimo obiettivo da salire:
Ci aspetta una discesa abbastanza agevole, in un'oretta, ma poi la pessima strada sterrata tornerà a percuotere la mia auto per ben 45'...  

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