sabato 11 agosto 2012

PYRAMIDE du TACUL (m 3.468): Ottoz-Grivel-Croux

Sabato 11 agosto 2012

Io e Paolino l'Alpino

Da molto tempo insistevo coi soci per scalare questa via mitica.
Sto parlando della Ottoz-Grivel-Croux (V-   D   10L   300 m) alla Pyramide du Tacul (m 3.468), una grande scalata classica nel cuore del massiccio del Monte Bianco e del suo celebre granito protogino.
Finalmente si presenta l'occasione giusta: siamo solo io e Paolino, Bruno non può venire, ma ormai bisogna cogliere l'opportunità: infatti, ieri è stata salita la via, che si trova in ottime condizioni, se non fosse per la crepaccia terminale che si sta spalancando all'inverosimile, impedendo tra poco l'accesso alla parete. In più, una settimana fa è crollato un enorme seracco dal Col du Diable, che separa la Pyramide du Tacul dal Trident du Tacul: i blocchi di ghiaccio hanno raggiunto anche la frequentatissima traccia della traversata della Vallée Blanche, che collega il Rifugio Torino all'Aiguille du Midi.
Ci siamo, questi sono i giorni che attendo con ansia per tutto l'anno, in questi dieci giorni darò fondo alla maggior parte dei sogni maturati e cullati, oltre che studiati nei dettagli, per tutto l'anno!
Paolino dice OK, dunque si va!
Il nostro obiettivo sarà la scalata in giornata della via, per cui si impone l'obbligo di riuscire a salire sulla prima funivia delle 6,30 dal piazzale di La Palud, a Courmayeur.
La partenza è alpinistica: alle 3,40 passo a prendere Paolino, poi sfreccio rapido verso la meta, che raggiungiamo con buon anticipo, prima delle 6,00.
Dal parcheggio, la vista sull'Aiguille Noire de Peuterey (m 3.772) è strepitosa... un giorno o l'altro...
 
Ma ora stiamo concentrati sul nostro obiettivo, magnifico anch'esso: per guadagnare tempo, visto che io devo parcheggiare ed indossare le lenti a contatto, l'Alpino scende e si dirige subito verso la biglietteria.
Il nostro programma inizia bene, saliamo sulla prima cabina e prima delle 7,00 siamo al Vecchio Rifugio Torino (m 3.329), dove ci aspetta la famigerata scala di acciaio, ripida e faticosa, fino al Nuovo Torino (m 3.375).
Qui fervono i lavori di costruzione della nuova funivia e dobbiamo compiere qualche giro particolare per guadagnare il ghiacciaio e legarci.
Alle 7,20 siamo in vista dei Satelliti del Tacul, dominati dal Grand Capucin, con la nostra guglia sull'estrema destra:
E' una giornata radiosa, come da previsioni, ed io sono al settimo cielo, nel mio ambiente ideale, l'arrampicata in alta quota!
Davanti non abbiamo praticamente nessuno, se non coloro che partono dalla tenda piazzata sul ghiacciaio: alcuni si dirigono verso altre mete, verso la Fourche e (credo) la Cresta Kuffner oppure verso altri satelliti, come il Petit Capucin ed il Trident du Tacul.
Il nostro vincolo principale consiste nel riuscire a tornare al Torino in tempo per l'ultima discesa della funivia, prevista per le 17,00.
I celebri Satelliti, tutti insieme, frecce di granito rese fiammeggianti dai raggi del sole del mattino, che ne accendono le pareti est:
Alla nostra sinistra, la Tour Ronde (m 3.798) e l'impressionante scivolo della parate nord; subito a destra, il Col de la Fourche (m 3.684):
I Satelliti del Tacul in tutto il loro splendore, vero gioiello per gli arrampicatori d'alta quota:
Il meteo è totalmente sereno, ma paradossalmente... lo è troppo!
Infatti fa un caldo incredibile e, per chi come noi deve superare dei ponti di neve su voragini spalancate alla crepaccia terminale, non è certo il massimo della sicurezza...
In più, stavolta abbiamo anche il seracco incombente dal Col du Diable di cui molti parlano, a darci problemi...
Intanto ci avviciniamo a passi da gigante alla nostra parete: ecco la Pyramide du Tacul (m 3.468), in tutto il suo splendore:
Verso nord-est, i mitici Drus (m 3.754) e l'Aiguille Verte (m 4.121):
Attraversiamo gli spettacolari ponti di neve e pinnacoli ghiacciati che rendono più saporita la traversata della Vallée Blanche, benché ancora molto sicura, sempre al cospetto del Grand Capucin (m 3.838) e dei suoi fratelli:
A sinistra del Gran Cap, fa capolino la vetta del Monte Bianco (m 4.810):
Certo che un giorno o l'altro, sto Gran Cap...
Scendiamo lungo il traccione e transitiamo sotto al Pic Adolphe Rey (m 3.536), proprio in corrispondenza di un'alrea fantastica che un giorno o l'altro... la Salluard (6a   TD   10L   300 m):
Finalmente eccoci in vista della nostra parete, la sud-est della Pyramide du Tacul (m 3.468), alla cui base però appare subito evidente ciò che resta del crollo del seracco:

Veramente impressionante, non c'è che dire.
Anche se purtroppo la cosa più impressionante è quel che resta del seracco, su in alto, ancora decisamente minaccioso, specie con questo caldo elevatissimo:
Attaversiamo velocemente i residui valanghivi e ben presto capiamo che dobbiamo risalirne il lato nord per avvicinarci alla parete.
Lo facciamo molto alla svelta, nonostante la fatica di camminare in salita e pur dovendo cercare un varco tra i crepacci profondi che si stanno spalancando sempre più.
Decisamente spalancata poi appare la temuta crepaccia terminale, come abbiamo letto su Gulliver ieri... Siamo in dubbio se tentare oppure no, addirittura...
Forse per darci coraggio, ci guardiamo in giro, ma della temuta ressa che abitualmente caratterizza questa via super-classica e iperfrequentata non c'è nemmeno l'ombra...
Anzi, siamo decisamente soli!
Dai, si va, proviamoci: assicuro Paolino, in pratica facciamo un rapido tiro di corda per evitare di essere inghiottiti dalla voragine che ci separa dalla parete di solido granito e percorriamo un ponte di neve con percorso sinuoso e delicato.
Alla fine ce la facciamo e, giunti in parete, possiamo osservare il nostro ponte di accesso:
Siamo nel punto giusto di attacco della via, contrassegnato da un chiodo con cordino azzurro:
Ci siamo: sono quasi le 9,00 quando ci leghiamo ed attacco la prima lunghezza di corda (IV-): supero un diedro con un singolo passo di 4b, poi senza difficoltà salgo una decina di metri ed inizio un lungo traverso verso destra, fino a raggiungere il filo dello spigolo est della montagna:

 
Qui trovo una buona sosta, da cui posso recuperare Paolino.
Abbiamo deciso di lasciare all'attacco della via i bastoncini e poco altro, per non precluderci la possibilità di scendere da un'altra parte e poter affrontare anche tratti di ghiacciaio: portiamo con noi le piccozze, gli scarponi ed i ramponi. Anche se pesanti e fastidiosi, preferiamo la sicurezza: non sappiamo bene ancora da dove scenderemo (decideremo salendo, esplorando e conoscendo meglio la parete), anche perchè temiamo che il "nostro" ponte di neve sulla crepaccia terminale possa crollare da un momento all'altro...
A breve distanza da me, direttamente al di sopra della parete est della montagna, scorgo un'altra sosta con anello di calata: dev'essere la variante di attacco e, teniamolo a mente, un'alternativa per calarci e riguadagnare il ghiacciaio in caso crolli il cordone ombelicale che ci ricollega alla civiltà, vale a dire il nostro ponte di neve.
Ma è tempo di proseguire, fin qui va tutto bene, la terminale è superata, l'attacco della via si è rivelato quello giusto e per ora troviamo soste e segni di passaggi precedenti.
Paolino prosegue lungo il secondo tiro (III), tenendo il filo di cresta:
Ambiente e qualità della roccia spettacolari:
Ci alterniamo: la terza lunghezza (IV) vede la parete raddrizzarsi un po':
La giornata è radiosa e possiamo fare fotografie a manetta:
Dopo una bella placca, traverso a sinistra, scalo un diedro senza difficoltà e riguadagno il filo di cresta, dove sosto e recupero il socio:
La sosta, un cordone attorno ad un solido spuntone:
Mentre recupero Paolino, studio i tiri successivi, cercando do intuire dove correrà la via:
Alla mia sinistra, torreggia il magnifico Pic Adolphe e di profilo corre la Salluard:
 Intanto il socio mi raggiunge in sosta:

Per proseguire lungo il quarto tiro (III+), in una successione di muretti e placche su roccia da urlo:
Sotto di noi, l'impressionante voragine della crepaccia terminale e, al centro, il nostro fragile ponte di neve:
Quinto tiro (IV+): salgo prima facilmente, poi effettuo un traversino a sinistra in placca delicata ed una fessura da risalire, dove trovo i primi due chiodi della via:
  
Paolino in uscita lungo la fessura, in diagonale fino alla comoda sosta alla base di un diedro verticale:
Sesta lunghezza (IV+): Paolino affronta il diedro direttamente, in dulfer, proteggendosi con un friend, poi traversa a destra e si ribalta al di sopra del risalto, scoprendo che attaccando a destra già dal basso sarebbe stato più semplice:

Ed eccoci alla lunghezza chiave della via, la settima (V): prima una serie di belle lame, 
quindi una decina di metri su magnifica placca e ottime lame,
 
poi un diedro già impegnativo ed infine il tetto da superare, passaggio chiave della via: 
Con discreta fatica mi isso al di sopra del tetto, sfruttando la placca sulla sinistra e ribaltandomi in seguito a destra, in uscita verso la comoda sosta.
Ok Paolino, tocca a te!

Paolino sotto il tetto:
Diciamo a scanso di equivoci che un bel 5b pieno ci sta tutto:
Paolino prosegue lungo l'ottavo tiro (IV+), prima facilmente su placche appoggiate:
L'ambiente che ci circonda lascia senza fiato:
Alla nostra sinistra, intanto, uno scalatore in sosta sulla via Salluard al Pic Adolphe Rey: prossimo obiettivo???
Più saliamo, più si spalanca la vista: ecco spuntare il Grand Capucin (m 3.838) di profilo:
Intanto Paolino si è portato alla base di una parete verticale, che attacca sulla destra, tralasciando a sinistra una sosta a chiodi:
In realtà anche questo passaggio è un bel quinto grado:
Giù in basso, la molta strada percorsa fin qui, col ghiacciaio ormai lontano sotto di noi.
Ad uno sguardo più attento, scorgiamo un paio di cordate in basso: a quest'ora???
Boh, sono le 11,35... incredibile...
Intanto Paolino giunge in sosta e tocca a me: ecco la placca di uscita dal magnifico pilastro verticale:
Mi devo ripetere, ma la qualità della roccia è da urlo, non ha eguali: 
Raggiungo il compagno in sosta, la S8: sullo sfondo, il mitico Pilier Gervasutti al Mont Blanc du Tacul, dove cadde il Fortissimo, Giusto Gervasutti:
Salgo la non lunghezza (IV), una splendida placca fessurata:
Dove potrei desiderare di essere, se non qui? 
Paolino mi raggiunge:
Grandes Jorasses e Dente del Gigante: una cartolina che meglio non si può, una giornata spaziale:
Paolino sale la decima lunghezza (IV-), rimanendo sostanzialmente in cresta:
Come commento generale sulla via, posso dire che, nonostante molte delle relazioni che avevamo a disposizione si addentrassero in descrizioni minuziose e talvolta fuorvianti, rimanendo praticamente sempre sul filo di cresta non si sbaglia e si trovano sempre soste:
Questo granito incredibile si merita un primo piano, con tanto di Pilier Gervasutti sullo sfondo:
Undicesimo tiro (IV): mi porto in placca qualche metro a destra, poi risalgo una fessura incastrando i piedi; insomma, le facili placche finali di III grado noi non le incontriamo proprio... Forse la relazione suggerisce di stare più a destra, lontano dal filo di cresta, ma per traversare dovrei superare dei tratti verglassati... impossibile, e poi posso salire benissimo di qui: 
Poco dopo le 12,30 sono in vetta alla Pyramide du Tacul!
Mentre recupero il compagno, mi godo la vista spaziale da questo pulpito privilegiato: 
Vetta!
 
Che grande soddisfazione, siamo alla fine di una magnifica via e di un viaggio nel cuore del Bianco e della storia dell'alpinismo:
Ancora il Mont Blanc du Tacul ed i suoi contrafforti: su tutti, spicca il Pilier Gervasutti:
Sono le 13,45, è tempo di calate in doppia, che decidiamo di operare lungo la via di salita, per non cercarci rogne.
Ovviamente, la seconda resta incastrata e, proprio come il Fortissimo decenni addietro, mi tocca risalire in slego per disincagliarla... a lui andò male, quella volta sul Pilier che oggi porta il suo nome:
La penultima calata, ora scendiamo diritti verso l'attacco ed abbandoniamo la linea di salita:
Torniamo alla base della parete, alla nostra roba lasciata giù e... all'esile ponte di neve che ci deve riportare sul ghiacciaio!
Eccolo: fortunatamente non è crollato come era sembrato di vedere a Paolino mentre ci calavamo:
La priorità numero uno è riportare le chiappe al sicuro, ma la numero due è possibilmente raggiungere il Rufugio Torino in tempo per l'ultima discesa della funivia, alle 17.
Terminiamo le calate alle 15,35.
Il ponte di neve regge e scendiamo a rotta di collo lungo il canalone, sotto il tiro del seracco incombente...
Finalmente al sicuro, ammiriamo ancora il Pic Adolphe e i colleghi che scendono in doppia dalla Salluard:
La Pyramide ed i residui valanghivi del seracco, che lassù minaccia... con questo caldo, poi...
La Pyramide du Tacul (m 3.468) e la Cresta Est appena scalata, di profilo a destra:
Il Dente del Gigante (m 4.014):
I Drus (m 3.754) e l'Aiguille Verte (m 4.121):
Il Trident du Tacul ed il Grand Capucin.
Sullo sfondo, la vetta del Monte Bianco (m 4.810):
La Tour Ronde e la sua parete nord:
Il posto è da sogno, ma è ora di sgommare e di risalire velocemente (e penosamente!) verso il Col Flambeau e l'ultima funivia delle 17!!!
La fatica si fa sentire, mentre riguadagniamo la zona crepacciata:
Ora il caldo è veramente insopportabile...
Tutto attorno, curiose torri di ghiaccio:
e voragini inquietanti:
Ancora sguardi verso la Combe Maudite, teatro delle nostre gesta di oggi:
La Cresta Kuffner sale al Mont Maudit (m 4.468), incastonata tra la Tour Ronde ed i Satelliti del Tacul. Dietro, la vetta del Bianco:
Lascio le torri di granito del Bianco con un sentito arrivederci a presto:
Domani si riparte alla volta della Svizzera, dove scaleremo lo Stahlhorn (m 4.190), un'altra bella storia...

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